2025-09-25 | ![]() ![]() ![]() ![]() |
La concezione dell’essere umano era stata radicalmente messa in discussione nel XIX secolo. Rompendo con le tradizioni religiose precedenti, era emersa una teoria monista[1], in particolare sotto l’impulso di Ludwig Büchner (1824-1899), secondo la quale la natura umana sarebbe esclusivamente materiale. Essa trasformava l’essere umano in una macchina (stimolo-riflesso) che sarebbe il prodotto dei suoi geni e del suo ambiente. In questa prospettiva, la personalità dell’individuo non era quindi altro che la composizione della sua struttura fisica e delle sue esperienze.
In realtà, il monismo (e la sua estensione ideologica nelle neuroscienze odierne) considerava la vita un sottoprodotto della materia. Una delle idee principali di questo sistema filosofico era che il pensiero, la coscienza e le emozioni sono esclusivamente prodotti del cervello; sono quindi interamente spiegabili dall’attività neuronale, dalle connessioni sinaptiche, dai neurotrasmettitori, ecc. «Senza fosforo, non c’è pensiero», sosteneva Büchner nella sua opera Forza e materia[2].
In pratica, il monismo era una visione metafisica che spiegava il mondo visibile, un modo di interpretare i risultati degli esperimenti. Si trattava di un pregiudizio filosofico e non di una necessità empirica (un principio che sarebbe stato reso indispensabile dall’esperienza).
Tuttavia, la domanda da porsi è la seguente: la soluzione al problema che i monisti avevano cercato di risolvere era davvero pertinente? Perché complicarsi la vita cercando di mettere tutto nello stesso sacco?
Non sarebbe stato più saggio fare come i filosofi, i giuristi e la gente comune che accettano fin dall’inizio il dualismo, in altre parole che ammettono la dualità della condizione umana (lo spirito e il corpo) e che affermano che la vita che abita un essere umano (così come ogni organismo vivente) è immateriale, autonoma e quindi non necessariamente riducibile a un fenomeno materiale nel senso delle scienze fisiche?
Sebbene il dualismo sia del tutto compatibile con le concezioni della maggior parte delle religioni tradizionali sullo spirito (o sull’anima), si distingue da esse in quanto deriva da un imperativo della società contemporanea: riconciliare le conoscenze e i risultati delle scienze sperimentali con la necessità di rivalutare l’essere umano come essere vivente autonomo dotato di coscienza di sé e del mondo che lo circonda.
Ma come fondare un dualismo razionale e moderno che non contenga alcun dogma e che sia anche pienamente coerente con i progressi delle scienze fisiche?
Il filosofo americano L. Ron Hubbard ha scritto quanto segue: «... l’individuo stesso è uno spirito che guida un corpo attraverso una mente».[3]
Ha sviluppato il concetto di mente immateriale formulando un sistema di pensiero coerente all’inizio degli anni 1950, il cui primo assioma è il seguente:
«Assioma 1 La Vita è fondamentalmente uno Statico.
Definizione: uno Statico di Vita non ha massa, movimento, lunghezza d’onda, né ubicazione nello spazio o nel tempo. Possiede la capacità di postulare e percepire.
Definizione: in Scientology, il termine “postulare” significa dare origine a un pensiero o a una considerazione. In questo particolare uso, il termine è definito come “pensiero causale”.»[4]
Come emerge da questo primo assioma, il dualismo implica il principio che l’essere umano comprende una componente di libero arbitrio, di libertà di scelta, anche se in misura minima.
Con questo elemento di libero arbitrio, il dualismo potrebbe quindi sembrare un concetto familiare, persino ovvio per molte persone. Ma per altri potrebbe essere sconcertante a prima vista, soprattutto perché porta a un forte concetto di responsabilità che non è necessariamente facile da accettare. Infatti, chi dice libero arbitrio dice allo stesso tempo che l’essere umano, lontano dall’essere una semplice vittima del suo ambiente, ha sempre una responsabilità nei confronti del mondo che lo circonda.
Accettare l’esistenza del libero arbitrio implica quindi che l’individuo debba costantemente fare le scelte giuste e assumersene le conseguenze; non può quindi più permettersi di invocare “costrizioni esterne” per giustificare a sé stesso le sue trasgressioni o le sue omissioni passate.
E sul piano sociale, il dualismo non è forse un principio fondamentale implicito nei diritti umani? Infatti, i tre concetti di coscienza, libertà di scelta e responsabilità si ritrovano nel primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1949:
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.»[5]
Al di là delle resistenze iniziali alla sua accettazione, il dualismo moderno apre prospettive straordinarie alla nostra società, perché permette di rivalutare concetti come la creatività, l’arte, l’etica, i diritti democratici, la preoccupazione per l’ambiente e per tutti gli esseri viventi, nonché la libertà. Promuove un’idea più elevata dell’essere umano.
[1] Monismo: qualsiasi sistema filosofico che considera l’insieme delle cose come riducibile all’unità: sia dal punto di vista della loro sostanza, sia dal punto di vista delle leggi (o logiche, o fisiche) che le regolano, sia infine dal punto di vista morale (Centro nazionale di risorse testuali e lessicali, cnrtl.fr).
[2] Kraft und Stoff, Ludwig Büchner, Francoforte sul Meno 1855.
[3] L. Ron Hubbard, Scientology, i fondamenti della vita, p. 76.
[4] L. Ron Hubbard, Scientology, i fondamenti della vita, p. 85.
[5] Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 1949 (https://www.ohchr.org/en/human-rights/universal-declaration/translations/italian).
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