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Riflessioni | Inspiration

Inspiration - Esiste una giustificazione valida per la guerra ?

2025-07-01        
   

Perché gli Stati moderni devono dedicare così tanti sforzi e risorse alla costruzione di eserciti e all’addestramento di esseri umani per uccidere i loro simili ? Naturalmente, è intuitivamente comprensibile che uno Stato sia obbligato a mantenere un esercito perché, se venisse attaccato non avrebbe altra scelta che difendersi. Infatti, la guerra di aggressione è considerata un crimine riprovato dal diritto internazionale[1]talmente grave che l’unica guerra considerata “giusta” sarebbe quella condotta da uno Stato costretto a difendersi.

 

Rimane quindi la domanda : perché ci sono ancora Stati che praticano la guerra aggressiva, con lo scopo dichiarato di conquistare un altro Paese o di ridurlo all’impotenza ? Perché si pongono ai margini dell’umanità ?

 

E a quale vantaggio ? Quanti esempi ci sono nella storia moderna in cui una guerra di aggressione si è conclusa, a lungo termine, a vantaggio dell’aggressore ? Al contrario (se consideriamo la triste fine di imperi come quello di Napoleone, del Terzo Reich o dell’Unione Sovietica), possiamo chiederci perché certi Stati perseguono, nonostante tutto, politiche militariste aggressive che porteranno inevitabilmente a delle calamità ?

 

Quale elemento di profonda irrazionalità può esserci nella tendenza di alcuni personaggi o regimi politici a desiderare la guerra e la distruzione dei propri simili ? Nell’Iliade, l’antico poema epico greco sul tema della guerra e delle sue violente emozioni, il guerriero Achille si lamenta dopo la morte dell’amico Patroclo : « Ah ! Perisca il dissenso tra gli ! e, tra gli uomini, perisca l’ira che turba i più saggi e che, più dolce del miele liquido, si gonfia, come fumo, nei petti degli uomini ! »[2]

 

Lo scrittore e pilota di aerei Antoine de Saint-Exupéry osservava amaramente : « La guerra non è un’avventura. La guerra è una malattia. Come il tifo. »[3] Questo tema della guerra non era nuovo : l’Encyclopédie di Diderot conteneva questa frase : « La guerra è un frutto della depravazione degli uomini ; è una malattia convulsa e violenta del corpo politico, è in salute, cioè nel suo stato naturale, solo quando gode della pace. »[4]

 

In termini moderni, qual è dunque la causa della guerra, di questa corruzione collettiva della natura umana che gli antichi chiamavano passioni ? Il filosofo L. Ron Hubbard, esplorando il funzionamento nascosto della mente umana nel 1950, definì un’aberrazione come « qualsiasi deviazione o allontanamento dalla razionalità. »[5]

 

Quindi la guerra è solo un’aberrazione ? Ecco cosa lo portò a questa conclusione :

 

« Non c’è problema nazionale nel mondo attuale che non possa essere risolto con la ragione. Tutti i fattori che si frappongono alla soluzione del problema della guerra e degli armamenti sono solo fattori arbitrari che non hanno più valore delle giustificazioni di un ladro o di un assassino.

 

Il contadino dell’Iowa e il negoziante di Stalingrado[6] non hanno nessun disaccordo. Chi sostiene il contrario mente.

 

Non c’è problema internazionale che non possa essere risolto pacificamente, non con l’instaurazione del globalismo, ma con l’uso della ragione.

 

[…]

 

Non c’è interesse personale abbastanza grande da giustificare il massacro dell’umanità. Solo un pazzo chiederebbe l’annientamento dell’umanità. Solo un pazzo non cercherebbe, con ogni mezzo razionale possibile, di evitare l’estinzione dell’umanità. Non c’è giustificazione per la guerra. »[7]

 

[1] Statuto di Roma della Corte penale internazionale, articolo 8b, 1998.

[2] L’Iliade, Omero, Canto XVIII, traduzione di Rouget de Lisle (1866).

[3] Pilote de guerre, Antoine de Saint-Exupéry, Gallimard, collezione « La Pléiade », 1953, p. 300.

[5] L. Ron Hubbard, Dianetics : Il potere del pensiero sul corpo, p. 493.

[6] Stalingrado era l’antico nome della città di Volgograd, nella Russia meridionale, fino al 1961. La città è famosa per essere stata il luogo di una grande battaglia durante la Seconda Guerra Mondiale.

[7] Ibid., p. 487.

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